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CASA BOLOGNA: ASSOPROPRIETARI SU ABOLIZIONE IMU

Un’abitazione principale di 75 metri quadri, nella prima periferia di Bologna, tipo Via Vittorio Veneto, nel 2011 costava ‘zero’ di Ici. Nel 2015, 236 euro di Imu/Tasi. Lo stesso appartamento, dato in uso ad un parente di primo grado, nel 2011 costava sempre zero di Ici. Nel 2015, 1.159 euro di Imu/Tasi. I dati sono di Assoproprietari, che presieduta da Tonino Veronesi, «accoglie con favore l’annunciata abolizione di Imu e Tasi, nella Legge di Stabilità, sulla prima casa. A beneficiarne, anche sul territorio bolognese, sarà l’intero comparto edilizio, inteso non tanto come costruzioni quanto compravendite e ristrutturazioni. Con vantaggi sia per le aziende dell’indotto, dalla falegnameria all’impiantistica, sia per il tessuto urbano, che tra appartamenti e negozi sfitti sta neppure troppo lentamente degradando, con la percezione di insicurezza a cui ciò si accompagna». Secondo Veronesi «c’è bisogno di fiducia, è una questione anche psicologica, considerando che l’incertezza economica ha amplificato la sensazione che la casa non sia più un bene rifugio quanto semmai un onere. Bisogna invece ridare speranza a una fetta importante di popolazione che ha ancora voglia di investire nel proprio futuro». Premesso che i prezzi, rispetto al 2008, sono calati intorno al 30%, Veronesi scatta una fotografia della situazione felsinea. In centro (via Marconi) un appartamento di 100 metri quadri nel 2008 costava sui 350-330 mila euro contro i 270-250mila attuali; nella prima periferia (via Saffi), si è scesi da 300-280 mila a 220-200 mila; nella seconda periferia (Corticella), da 240-230mila a 170-160 mila euro. Con tempi d’attesa lunghi, che vanno dai 6 ai 14 mesi. E chi cerca, già al primo incontro con l’agente chiede uno sconto del 10/20 per cento. «E’ normale che qui acquista, considerando che i mutui non vengono più concessi al 100 per cento, sia oculato. Ma è altrettanto normale che un proprietario non voglia rimetterci. Senza considerare – la chiosa – che i danari risparmiati dall’Imu, potrebbero essere spesi nei piccoli negozi di quartiere oggi in difficoltà, contribuendo anche se in minima parte al rilancio dei consumi».

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