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COMODATO DI IMMOBILE DI PROPRIETA' A FIGLIO E SUA NEO MOGLIE

Con l'articolo sotto riportato l'Avv.ssa Colosso mette in evidenza tutte le possibilità su quanto può succedere nel corso degli anni, in un caso così bene descritto dall autrice.
Capisco che può sembrare duro,poco sensibile, ma un avvocato deve vedere ogni cosa con una professionalità che tenga conto solo della legge.
Tutto questo senza considerare i propri sentimenti.
Ringraziamo l'avvocatessa Colosso.
Tonino Veronesi
Presidente Assoproprietari
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In vista delle future nozze, i genitori di uno o dell’altro dei promessi sposi, avendo a disposizione un immobile libero possono decidere di lasciarlo utilizzare alla coppia per le esigenze abitative familiari in modo gratuito e senza vincoli di tempo.

In questi casi si configura un’ipotesi di comodato che si distingue dalla donazione, tra le altre cose, perché non comporta il trasferimento della proprietà. Il comodato viene definito dal nostro codice civile come quel contratto, essenzialmente gratuito, attraverso cui una parte consegna all’altra un bene mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire lo stesso bene ricevuto (art. 1803 cod.civ.).

Cominciamo col dire che il comodato è un contratto a forma libera e senza vincoli di durata. E questo significa che, per essere valido ed efficace, non abbisogna di particolari formalità, potendo essere redatto in forma scritta o verbale e non è richiesta l’indicazione di una data di cessazione del rapporto.

Piccola parentesi: un conto è la forma richiesta ex lege per la validità del contratto, un conto la registrazione dello stesso che, per quanto riguarda i beni immobili, è obbligatoria in due casi:

– quando il comodato è redatto in forma scritta;

– quando il comodato è stipulato in forma verbale, solo se esplicitamente considerato in un altro atto sottoposto a registrazione.

Chiusa la parentesi e tornando all’ipotesi di cui sopra, nessun problema si pone finché il rapporto coniugale perdura, ma purtroppo anche i matrimoni nati sotto i migliori auspici possono, col tempo, entrare in crisi e sfociare nella separazione. In una siffatta situazione verrebbe da ritenere legittima la pretesa del proprietario di rientrare nel possesso dell’immobile, una sorta di diritto del comodante a riprendersi il bene, insomma. Ma è sempre così?

La risposta stupirà, almeno qualcuno. Infatti, il diritto di proprietà, che siamo abituati a ritenere assoluto con l’unico limite dell’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico, cede il passo ad un diritto ritenuto superiore, tanto che non è raro imbattersi, in sede di separazione personale dei coniugi, in provvedimenti del Giudice che assegnano l’immobile al genitore collocatario della prole che ben potrebbe coincidere con la nuora dei proprietari (magari a mala pena sopportata).

Per meglio comprendere le ragioni che sotto il profilo prettamente giuridico riconoscono la superiorità dell’interesse della prole a mantenere l’habitat domestico di riferimento rispetto all’interesse del comodante a recuperare la disponibilità dell’immobile, occorre far riferimento alle disposizioni che riguardano la restituzione del bene concesso in comodato. L’art. 1809, I comma, cod.civ. prevede l’obbligo del comodatario di restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto; il successivo art. 1809, II comma, cod.civ. dispone che se durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata; da ultimo, l’art. 1810 cod.civ. chiarisce che se non è stato convenuto un termine, né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richieda (il così detto comodato “precario”).

La situazione che stiamo esaminando potrebbe ricadere sotto la disciplina tanto dell’art. 1809 cod.civ., quanto in quella dell’art. 1810 cod.civ. Seguendo le motivazioni della Suprema Corte, nel caso in cui un immobile sia concesso in comodato perché venga utilizzato come casa familiare, si è all’interno di un comodato caratterizzato dalla non prevedibilità del momento della cessazione della destinazione del bene, che coincide col momento in cui cessa la funzione propria della casa coniugale. Non si può, dunque, parlare di comodato “precario” perché si è in presenza di una precisa funzione sottesa alla destinazione d’uso.
Trova, dunque, applicazione l’art. 1809, II comma, cod.civ., per cui il comodante prima della cessazione della funzione propria del comodato, potrà richiedere e ottenere la restituzione del bene esclusivamente nel caso in cui sopravvenga “un urgente e impreveduto bisogno”, da individuarsi nella sopravvenuta necessità di uso diretto del bene ovvero nel sopravvenuto deterioramento delle sue condizioni economiche. In fondo, non recita forse un detto: “Fai del bene e scordatelo”?

 

Di Avv.Roberta K.Colosso Ivrea

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