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PLANIMETRIA DEL CATASTO NEL ROGITO DEL NOTAIO. QUANTO PUÒ ESSERE DIFFORME?

Il Decreto Legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni in Legge 30 luglio 2010 n. 122 contiene un articolo rubricato “aggiornamento al Catasto” che ha rivoluzionato la vecchia interpretazione che avevamo del Catasto come ufficio i cui atti e documenti depositati avevano solo valore fiscale.
Gli scopi solo fiscali del Catasto
Bisogna infatti ricordare che, contrariamente a quanto si pensa,  il Catasto è una banca dati creata e gestita soltanto per scopi fiscali, cioè per far pagare le tasse sugli immobili, mentre i dati che attestano l’effettiva proprietà di un immobile sono solo quelli contenuti nei registri immobiliari (Conservatoria).
Il risultato è che negli anni il Catasto si è rivelato pieno di errori!  Tali errori, che potevano essere sia di scarsa rilevanza ma anche sintomatici di abusi edilizi, non inficiavano sulla validità dell’atto poichè l’unico obbligo previsto in materia a carico del venditore era quello di dichiarare che l’immobile era stato costruito in base a regolari provvedimenti rilasciati dagli uffici comunali (non catastali) competenti e che non era affetto da abusi edilizi i quali rendono l’immobile non commerciabile.
Con l’articolo 19 della suddetta Legge “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Il miglioramento dei dati del Catasto
Pertanto non più solo conformità urbanistica ma anche catastale! La ratio principale della norma è, prima facie, quella di rendere più sicura la circolazione degli immobili e migliorare l’efficienza del sistema di pubblicità immobiliare, ma soprattutto quella di avere una banca dati aggiornata (e corretta) degli immobili urbani produttivi di reddito e dei relativi proprietari, ossia avere un’Anagrafe Immobiliare Integrata che attesti, ai fini fiscali, chi è veramente il soggetto titolare del diritto reale e l’esatto valore fiscale dell’immobile al fine di consentire l’equa ripartizione delle imposte e l’esatta determinazione della base imponibile delle stesse.
Il Catasto con la disposizione soprariportata comincia a diventare non più solo depositario di una banca dati ai fini fiscali e tributari ma anche una specie di  pubblico registro immobiliare, insieme ed in parallelo con l’Ufficio da sempre preposto a questo: la Conservatoria dei Registri Immobiliari. L’Anagrafe Immobiliare Integrata è finalizzata all’esatto accertamento, ed alla conoscibilità, della titolarità del diritto reale, per la semplice ragione che quest’ultima costituisce il presupposto impositivo che consente di individuare il soggetto passivo delle imposte e l’esatta base imponibile delle stesse.
Trattasi di una disposizione finalizzata a combattere l’evasione fiscale e contributiva, volta a far emergere ogni variazione della base imponibile: la rendita catastale, appunto.
Il ruolo del notaio
Questo compito di rivoluzione del Catasto è stato dato ai notai, tant’è che nell’ipotesi in cui non vi sia conformità tra planimetria e stato di fatto, o manchi la conformità dei dati catastali, è necessario l’allineamento prima della stipula del nuovo atto. In realtà il notaio svolgeva anche prima della novella le indagini nei pubblici registri (Catasto compreso) ma con il D.L. 78/2010 il legislatore ha imposto un nuovo obbligo a carico del venditore il quale deve dichiarare, sotto la sua responsabilità, la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
Va da sè che le difformità rilevanti che impongono l’aggiornamento catastale sono solo quelle che incidono sulla rendita catastale sulla quale, appunto, si calcolano il 90% delle imposte e tasse sugli immobili, come, ad esempio, l’aver compiuto delle modifiche nell’immobile senza aver regolarizzato la planimetria catastale ed i dati catastali, o l’inesatta o incompleta indicazione degli intestatari che, essendo titolari di diritti reali sui fabbricati, devono necessariamente pagarci le tasse. È possibile, ad esempio, che in seguito a una ristrutturazione del fabbricato la categoria e la classe attribuite (e di conseguenza la rendita catastale) non corrispondano più alla realtà.
Tutto ciò che ha rilevanza ai fini tributari e quindi ai fini dell’attribuzione della rendita,  l’intestazione catastale, la categoria, la zona (ricavabile dal foglio di mappa, particella e subalterno), il numero di vani ed i metri quadrati, il piano ed il classamento, devono essere necessariamente aggiornati ed allineati. Non sembra invece che abbia rilevanza ai fini in esame l’indirizzo o il numero civico dell’immobile, la cui mancata corrispondenza rispetto alla realtà ed a quanto risulta dalla planimetria, non può condurre (per la sua irrilevanza ai fini fiscali) alla nullità dell’atto.
Il proprietario che intende alienare un immobile ha quindi l’onere, in caso di difformità, di regolarizzare la situazione catastale presentando apposita denuncia di variazione al Catasto ed una nuova planimetria. Ma la denuncia di variazione con presentazione di nuova planimetria è obbligatoria solo quando i cambiamenti incidono sul calcolo della rendita catastale. Lo spostamento di una parete interna non comporta di per sè una variazione della rendita catastale e quindi non comporta di per sè un obbligo di denuncia di variazione al Catasto nè di deposito di una nuova planimetria.
Nessuna disposizione obbliga pertanto il proprietario a presentare una denuncia di variazione ed una nuova planimetria quando le difformità sono minimali e non rilevanti ai fini fiscali (come il cambio della via, del numero civico, o lo spostamento di una parete interna che non alteri o modifichi la cubatura, i metri quadrati o il numero di vani). E’ invece espressamente considerato obbligatorio l’aggiornamento della planimetria in caso di ridistribuzione degli spazi interni, realizzazione di nuovi servizi igienici, realizzazione di soppalchi.
La nuova planimetria
Purtroppo però nei fatti la situazione è meno semplice della ratio fiscale di cui ho detto. Bisogna considerare infatti che una difformità catastale può essere anche indicativa di lavori compiuti senza autorizzazione edilizia laddove era necessaria, e cioè indicativa di un abuso edilizio. E come sappiamo un immobile affetto da abuso edilizio non è commerciabile e l’atto conseguente di trasferimento è nullo, con pesanti responsabilità delle parti e del notaio.
Certamente se la difformità è irrilevante dal punto di vista urbanistico ben vale quanto abbiamo detto prima. Ma quando è veramente irrilevante dal punto di vista urbanistico? Ingrandire una finestra, spostare un muro per ingrandire una stanza a spese dell’altra se sono certamente irrilevanti dal punto di vista fiscale lo sono dal punto di vista urbanistico? Il notaio, ahimè, non è un tecnico catastale, nè può districarsi nella normativa urbanistica, oltretutto variata molte volte nel tempo.
Specie alla luce delle pesanti sanzioni di cui ho detto. Sicchè, a parte le evidenti situazioni di irrilevanza come quelle citate, non appena il venditore dichiara di non potersi esprimere sulla esatta congruità della planimetria catastale allo stato di fatto il notaio non potrà raccogliere l’atto e dovrà invitare le parti alla presentazione di una nuova planimetria corretta nei fatti.

Notaio Massimo d’Ambrosio
raccolto da Tonino Veronesi

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