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VANO NEL SOTTOSUOLO DEL VICINO, RIMUOVERLO?

E’ pacifico che si possa vendere il suolo e il sottosuolo a due persone diverse (trattandosi di due entità giuridicamente autonome). E tuttavia, l’acquirente del suolo - a meno che i titoli non dispongano diversamente - acquista automaticamente la proprietà del sottosuolo. Conseguentemente ricade sulla parte che assume di avere la proprietà separata del sottosuolo la dimostrazione dell’esistenza del titolo costitutivo del suo diritto. È il principio sancito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 779 del 16 gennaio 2020.
Nel caso in oggetto, la proprietaria di un immobile ha lamentato l’illegittima realizzazione di un piccolo vano interrato, scoperto nel corso di lavori di ristrutturazione del suo immobile, che insisteva nel sottosuolo di sua proprietà mentre l’ingresso avveniva attraverso la proprietà del vicino di casa. La donna ha così chiesto la rimozione del manufatto, che il tribunale di primo grado ha respinto accogliendo la tesi del convenuto secondo cui il manufatto esisteva da almeno sessant’anni e che egli aveva ricevuto l’immobile in virtù di successione dei genitori e del successivo atto di compravendita.
La vicenda giunge dinanzi la Corte d’appello di Napoli, che riforma il verdetto di primo grado e ordina l’immediata rimozione del manufatto con condanna al livellamento del terreno all’esito della rimozione.
In particolare, la decisione della Corte territoriale si rifà ad una interpretazione letterale dell’articolo 840 del Codice civile, secondo cui «la proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od opera che non rechi danno al vicino». I giudici di secondo grado precisano poi che «ricade sulla parte che assume di avere la proprietà separata del sottosuolo la dimostrazione dell’esistenza del titolo costitutivo del suo diritto». La norma riconosce quindi una presunzione che può essere superata o con l’usucapione o con un titolo opponibile al proprietario del suolo. L’onere probatorio si ribalta, dunque, rispetto a quanto accade normalmente in tema di rivendica - osserva la Cassazione - dovendo colui che invoca la proprietà di ciò che è nel sottosuolo altrui dimostrare l’esistenza di un valido titolo di provenienza opponibile al proprietario del suolo sovrastante.

Fonte Confappi Confederazione Proprietà Immobiliare Italiana

Assoproprietari rappresenta Confappi a Bologna e provincia.

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