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CONDOMINIO E DECRETO INGIUNTIVO

Il decreto ingiuntivo, ci dicono dottrina e giurisprudenza, è un provvedimento giudiziale emettibile inaudita altera parte, ossia senza contraddittorio e come specifica l’art. 633 del codice di procedura civile in ragione dell’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile. Il credito è certo quando non è contestato, liquido quando determinato nel suo ammontare (o comunque facilmente determinabile) ed esigibile quando è scaduto. Date specifiche caratteristiche – ad esempio credito fondato su cambiale, su un assegno bancario o circolare (art. 642 c.p.c.) – il decreto ingiuntivo ove richiesto dal ricorrente può essere munito della provvisoria esecutività, cioè della formula che consente anche durante la pendenza del termine di opposizione (quaranta giorni dalla notifica) ed eventualmente durante lo stesso giudizio di opposizione di proporre azioni esecutive contro il debitore. In ambito condominiale, si fa ricorso al decreto ingiuntivo per recuperare le somme dovute daicondòmini morosi. Le regole per la richiesta di emissioni del provvedimento sono le stesse dettate a livello generale, con una specificazione contenuta nell’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Tale norma specifica che per riscuotere i contributi sulla base dello stato di riparto approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Fondamentale, quindi, è la delibera di approvazione della spesa e del suo riparto; al riguardo, è comunque da segnalare che la Suprema Corte di Cassazione non ritiene fondamentale il piano di ripartizione (Cass. 23 febbraio 2017 n. n. 4672). Non mancano prassi locali tese a distinguere ai fini della concessione della provvisoria esecutività tra decreti ingiuntivi richiesti per onere condominiali ordinari o per spese straordinarie, rispetto alle quali questa formula è negata. Non c'è ragione giuridica di sorta alla base di questa presa di posizione ove la spesa e il riparto siano stati approvati dall’assemblea. Il codice civile (art. 1129) impone all’amministratore, salvo dispensa assembleare, di procedere con l’azione di recupero coatto del credito (eventualmente quindi anche con un ricorso per decreto ingiuntivo) contro i condòmini morosi quando siano trascorsi sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso

Fonte: Lavori in casa

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