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IL RISCALDAMENTO NEGLI EDIFICI CONDOMINIALI

 

L'Italia, come previsto dall'articolo 2 del Dpr 412 del 26 agosto 1993, (tuttora vigente), è suddivisa in sei zone climatiche individuate in funzione dei gradi-giorno, ossia la somma estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura degli ambienti (fissata per convenzione a 20 °C) e la temperatura media esterna giornaliera. In sostanza, si tratta di un'unità di misura che indica il fabbisogno termico per il riscaldamento delle abitazioni nelle differenti località del Paese. L'articolo 4 del Dpr 74/2013 – che ha parzialmente abrogato il DPR 412 - definisce per ciascuna zona climatica i periodi di accensione e il tempo massimo in cui il riscaldamento centralizzato può rimanere in funzione. I valori possono subire delle variazioni, ma solo nel caso in cui si verifichino eventi straordinari, come ad esempio un'ondata di freddo eccezionale. Sul punto, la norma prevede che al di fuori dei periodi stabiliti dalla legge «gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l'esercizio e, comunque, con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita in via ordinaria». L'articolo 3 del Dpr 74/2013 fissa, invece, i valori massimi della temperatura ambiente, prevedendo che nelle abitazioni, durante il funzionamento dell'impianto di climatizzazione invernale, la media ponderata delle temperature dell'aria, misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare i 20 gradi più 2 gradi di tolleranza. È indubbio che chi dispone di un impianto di riscaldamento autonomo, come suggerisce la parola stessa, gode di maggiore libertà e può regolare la temperatura in base alle proprie esigenze. Fino all'introduzione nei condomini dotati di riscaldamento centralizzato di termovalvole e contabilizzatori di calore (obbligatori dal 1° luglio 2017), il sistema autonomo era decisamente più conveniente, ma grazie alla termoregolazione anche con il centralizzato è possibile controllare i consumi e ottenere notevoli benefici economici. Al di là del tipo di impianto, l'utilizzo del riscaldamento dovrebbe sempre essere accompagnato da alcune, semplici regole di comportamento che, se applicate correttamente, consentono di evitare sprechi e risparmiare denaro. Fra i nemici "storici" del tepore domestico vi sono gli spifferi. Per sconfiggerli basterebbe coibentare l'appartamento e installare infissi di ultima generazione, ma entrambi gli interventi, anche se ammortizzati dagli incentivi fiscali, sono onerosi e prevedono comunque un investimento iniziale che non tutti possono permettersi. Valgono quindi i rimedi antichi come i paraspifferi, da posizionare in prossimità delle finestre o sotto la porta d'ingresso, e le avvertenze, ad esempio evitare di coprire i termosifoni con mobiletti in legno o tende, ostacoli che renderebbe più lenta la propagazione del calore all'interno dei locali. A parte questi piccoli espedienti, ciò che riveste fondamentale importanza è il controllo periodico della caldaia, sia essa autonoma o centralizzata. Nel primo caso, l'art. 7, comma primo, del Dpr 74/2013 dispone che «le operazioni di controllo ed eventuale manutenzione dell'impianto devono essere eseguite da ditte abilitate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, conformemente alle prescrizioni e con la periodicità contenute nelle istruzioni tecniche per l'uso e la manutenzione rese disponibili dall'impresa installatrice dell'impianto ai sensi della normativa vigente». Per la manutenzione della caldaia centralizzata, invece, il responsabile è l'amministratore di condominio, che può delegare le proprie funzioni al cosiddetto terzo responsabile dell’impianto termico, un tecnico qualificato che effettua le manutenzioni (ordinarie e straordinarie) e compie le verifiche di efficienza energetica, rispondendo civilmente e penalmente per eventuali inadempienze. Per potenze al focolare superiori a 350 KW la nomina del terzo responsabile è obbligatoria e quest’ultimo deve essere in possesso della certificazione UNI EN ISO 9001 o di una particolare attestazione. Tabella 1 Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600; Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900; Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400; Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100; Zona E: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000; Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000. Tabella 2 Zona A: 6 ore giornaliere, dal 1° dicembre al 15 marzo Sud e isole: Lampedusa e Linosa (Ag); Porto Empedocle (Ag) Zona B: 8 ore giornaliere, dal 1° dicembre al 31 marzo Sud e isole: Agrigento; Catania; Crotone; Messina; Palermo; Reggio Calabria; Siracusa; Trapani Zona C: 10 ore giornaliere, dal 15 novembre al 31 marzo Nord Ovest: Imperia Centro: Latina; Sud e isole: Bari; Benevento; Brindisi; Cagliari; Caserta; Catanzaro; Cosenza; Lecce; Napoli; Oristano; Ragusa; Salerno; Sassari; Taranto. Zona D: 12 ore giornaliere, dal 1° novembre al 15 aprile Nord Ovest: Genova; La Spezia; Savona. Nord Est: Forlì Centro: Ancona; Ascoli Piceno; Firenze; Grosseto; Livorno; Lucca; Macerata; Massa Carrara; Pesaro; Pisa; Pistoia; Prato; Roma; Siena; Terni; Viterbo Sud e isole: Avellino; Caltanissetta; Chieti; Foggia; Isernia; Matera; Nuoro; Pescara; Teramo; Vibo Valentia. Zona E: 14 ore giornaliere, dal 15 ottobre al 15 aprile Nord Ovest: Alessandria; Aosta; Asti; Bergamo; Biella; Brescia; Como; Cremona; Lecco; Lodi; Milano; Novara; Padova; Pavia; Sondrio; Torino; Varese; Verbania; Vercelli Nord Est: Bologna; Bolzano; Ferrara; Gorizia; Modena; Parma; Piacenza; Pordenone; Ravenna; Reggio Emilia; Rimini; Rovigo; Treviso; Trieste; Udine; Venezia; Verona; Vicenza, Centro: Arezzo; Perugia; Frosinone; Rieti Sud e isole: Campobasso; Enna; L’Aquila; Potenza. Zona F: nessuna limitazione. Nord Ovest: Cuneo Nord Est: Belluno; Trento. L'introduzione della termoregolazione negli edifici condominiali dotati di riscaldamento centralizzato permettono ai proprietari (o inquilini) dei singoli immobili di gestire i consumi in base alle proprie esigenze e, di conseguenza, pagare soltanto ciò che consumano. Più precisamente, l'articolo 9, comma 5, lettera d), del Dlgs 102/2014, che attua la della direttiva comunitaria 2012/27/UE sull'efficienza energetica, prevede che le spese di riscaldamento debbano essere ripartite tra i singoli condòmini in base ai criteri stabiliti dalla norma Uni 10200, elaborata dal Comitato termotecnico italiano e di recente oggetto di un'importante revisione, che ha cercato, in parte riuscendoci, di colmare le lacune della versione precedente. La norma si basa su un principio riportato dall’articolo 26, comma 5, n. 10, della legge 10/1991 "Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia": ciascun utente paga secondo l’effettivo consumo registrato. Una disposizione inderogabile, che non può essere ignorata dall'assemblea o da un regolamento condominiale, anche se di natura contrattuale (cfr. Tribunale di Milano, XIII, civile 10703/2018). La Uni 10200 distingue due tipi di consumo: volontario e involontario. Il primo è connesso all'utilizzo che ciascuno fa del riscaldamento attraverso le valvole termostatiche (nel rispetto dei limiti imposti dalla legge,) ed è caratterizzato da una quota variabile. Il consumo involontario, al contrario, non dipende dalle abitudini personali, ma si riferisce soprattutto alle dispersioni di calore dell’impianto. Questi consumi - secondo l'attuale normativa - devono essere suddivisi in base ai millesimi di riscaldamento calcolati da un tecnico abilitato e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari, vale a dire la quantità di energia che ogni appartamento dovrebbe prelevare per mantenere una temperatura interna costante di 20 gradi durante il periodo di erogazione del riscaldamento. La Uni 10200, dopo la revisione dell'ottobre 2018, prevede che per la redazione della tabella millesimale riscaldamento (utilizzata anche per suddividere i costi gestionali e tutte le spese relative al godimento del servizio, a eccezione della conservazione), il tecnico valuti l'edificio in condizioni standard, tenendo conto delle caratteristiche originali e di eventuali modifiche eseguite sulle parti comuni. Sono, invece, considerati irrilevanti gli interventi effettuati sulle singole unità immobiliari. Diversamente, per calcolare i fabbisogni energetici finalizzati alla ripartizione delle spese nel prospetto previsionale e a consuntivo, occorre eseguire una diagnosi energetica, prendendo in considerazione eventuali interventi eseguiti non solo sulle parti comuni ma anche sulle singole unità immobiliari. Con la nuova Uni 10200, fra le altre cose, si è cercato di risolvere il problema dell'utilizzazione saltuaria o discontinua del riscaldamento, assai frequente negli edifici ubicati in località turistiche dotati di sistemi di distribuzione verticale e contabilizzazione indiretta eseguita attraverso i ripartitori. Con l'arrivo dell'autunno tali edifici si svuotano e i pochi residenti rimasti si ritrovavano a pagare una quota di consumo involontario elevata, calcolata considerando la piena occupazione dello stabile. A differenza della precedente, l'ultima versione della Uni 10200 tiene conto del fattore d'uso, il rapporto tra l'energia termica effettivamente erogata dalla caldaia verso l’impianto e l'energia che l’impianto avrebbe erogato nel caso in cui tutti gli occupanti avessero usufruito del riscaldamento. Tale elemento correttivo va calcolato ogni anno da un professionista abilitato, incaricato dall'assemblea di condominio. In base al risultato ottenuto, si distinguono due tipologie di edifici: a piena occupazione oppure a occupazione discontinua o saltuaria o parziale. In quest'ultimo caso, la norma permette di effettuare la ripartizione delle spese tenendo conto degli effettivi prelievi volontari di energia termica di chi occupa lo stabile. Nonostante la revisione della Uni 10200 abbia risolto alcune criticità, esistono dei casi in cui non è tecnicamente possibile applicare la norma. Secondo il Dlgs 141/2016 (che ha modificato il Dlgs 102/2014) ciò si verifica quando, per esempio, «siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento». In casi simili, a patto che sia stata redatta una relazione tecnica attestante la differenza di fabbisogno termico, l’assemblea può decidere di suddividere le spese calcolando almeno il 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentuale in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà. Oppure quando non sia possibile (o sia antieconomico), installare i contabilizzatori (sottocontatori o ripartitori, con le relative termovalvole). LA GESTIONE INTELLIGENTE DEL RISCALDAMENTO L'installazione obbligatoria di termovalvole e contabilizzatori di calore, oltre a garantire una più equa ripartizione delle spese negli edifici con riscaldamento centralizzato, ha in parte risolto il problema degli sprechi, ottimizzando i consumi grazie a una gestione più "intelligente" del calore da parte dei condòmini. Nonostante il passo in avanti, negli ultimi anni sono state sviluppate tecnologie più performanti delle classiche caldaie a metano, gasolio o gpl, che garantiscono elevati livelli di comfort con un occhio di riguardo all'ambiente e alle tasche dei consumatori. Il funzionamento di una caldaia a gas metano tradizionale (fra le più diffuse) è semplice: il combustibile brucia e scalda l'acqua (fluido termovettore), che viene poi distribuita tramite colonne montanti ai singoli termosifoni. Durante questo percorso, però, parte dell'energia utilizzata per riscaldare il liquido si disperde, fuoriuscendo dalle tubazioni o attraverso i cosiddetti "fumi di combustione". Per non parlare del calore prodotto dai termosifoni, che nel caso in cui l'immobile non sia perfettamente isolato fuoriesce dall'appartamento. Per abbattere gli sprechi il condominio e il singolo condomino possono agire su più fronti: dalla coibentazione dell'edificio (attraverso la realizzazione di un cappotto termico) all'installazione di infissi di ultima generazione. Il primo passo, però, consiste nella sostituzione della vecchia caldaia condominiale con una più moderna a condensazione, che utilizza tutto il "potere calorifero" reso disponibile dalla combustione. La legge non prevede l'obbligo di sostituire la vecchia caldaia e quindi fino a quando l'impianto funziona non è necessario acquistare un nuovo modello. Ciò detto, dal 26 settembre 2015, come prevede la direttiva europea 2005/32/CE, in un'ottica volta a migliorare il rendimento energetico dei sistemi di riscaldamento, non è più consentito immettere sul mercato caldaie che non siano a condensazione. L'unica "deroga" concessa ai costruttori riguarda un particolare tipo di caldaia "a camera aperta", necessaria nei casi in cui non sia possibile sostituire il vecchio impianto, ad esempio in presenza di una canna fumaria inadatta a supportare i fumi acidi. L'installazione di una nuova caldaia necessita dell'approvazione dell'assemblea, a meno che l'intervento non abbia il carattere dell'urgenza: in questo caso l'amministratore può agire per conto proprio, avendo cura di informare quanto prima il resto dei condòmini. In tutti gli altri casi, per il via libera all'opera (che rientra nella manutenzione straordinaria) occorre raggiungere il quorum previsto dall'articolo 1136, comma 2, del Codice civile, vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (500 millesimi). Salvo diversa pattuizione contenuta negli atti di acquisto o nel regolamento condominiale contrattuale (se esistente), il costo dell'opera, invece, va ripartito fra tutti i condòmini proprietari, come prevede l'articolo 1123, comma 1, del Codice civile, secondo cui «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione» (cfr. Tribunale di Roma, 652/2016). Un'alternativa green alla caldaia a condensazione è la pompa di calore alimentata da energia elettrica, a sua volta prodotta da un impianto fotovoltaico. Tale soluzione può risultare valida nei condomini all'avanguardia in fase di costruzione, mentre è piuttosto complicato (e non sempre conveniente) sostituire la caldaia centralizzata con una pompa di calore, che ha sì un ottima resa ma solo se lo stabile è perfettamente coibentato e se è presente un riscaldamento a pavimento, a parete o soffitto. Senza dimenticare le oggettive difficoltà per l'installazione dei pannelli fotovoltaici sul tetto condominiale. Meglio concentrarsi, quindi, su sistemi che possono integrarsi con la pompa di calore a condensazione e migliorare l'efficienza dell'impianto. A cominciare da un semplice isolamento delle tubazioni che trasportano l'acqua riscaldata dalla caldaia ai radiatori, così da ridurre al minimo le dispersioni. Altrettanto importante è il bilanciamento idraulico dell'impianto di riscaldamento. È frequente, infatti, che i termosifoni degli appartamenti più lontani dalla caldaia rimangano tiepidi mentre quelli più vicini risultino eccessivamente caldi. Per avere una distribuzione omogenea dell'acqua di riscaldamento è quindi necessario installare apposite valvole che ne regolino la portata evitando squilibri. Infine, negli edifici con un buon grado di isolamento, è possibile installare una centralina di telegestione per l'ottimizzazione energetica, che consente alla caldaia di funzionare 24 ore su 24, evitando i picchi di potenza al mattino, quando è richiesto più calore, con il conseguente abbattimento dei consumi e dei costi.

 

 

 

fonte: Avv. Matteo Rezzonico

Vice Presidente Confappi Confederazione Nazionale della Piccola Proprietà Immobiliare, che Assoproprietari rappresenta a Bologna

 

 

 

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