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SOPRAELEVAZIONI IN CONDOMINIO POSSIBILI SENZA VINCOLI

Il condomino dell’ultimo piano può procedere all'opera edilizia senza il permesso degli altri. A patto che non metta a rischio il fabbricato sotto il profilo statico. E in generale l’intervento sul tetto deve ritenersi consentito se non altera la funzione di copertura dell’edificio. Il Tar Campania ha annullato lo stop del comune.

I lavori non si fermano perché il condomino dell'ultimo piano può procedere alla sopraelevazione senza il permesso degli altri. A patto, beninteso, che l'opera non metta a rischio il fabbricato sotto il profilo statico. E in generale l'intervento sul tetto deve ritenersi consentito se non altera la funzione di copertura dell'edificio. Insomma: il comune non può bloccare il cantiere perché manca l'approvazione dell'assemblea al progetto previsto dalla Scia. È quanto emerge dalla sentenza 984/20, pubblicata il primo agosto dalla seconda sezione della sede di Salerno del Tar Campania.

Il caso. Accolto il ricorso del singolo proprietario esclusivo: il divieto di proseguire i lavori viene annullato perché ciascun condomino può realizzare sulle parti comuni dello stabile un'opera strettamente pertinenziale alla proprietà esclusiva a condizione di non stravolgerne l'assetto.

Per esempio trasformando una parte del tetto in terrazza a proprio uso esclusivo, senza modificare in modo significativo la consistenza della superficie: si configura in tal caso soltanto un uso più intenso della cosa comune, che non richiede l'assenso degli altri condomini, laddove i lavori non comportano un'alterazione significativa dal punto di vista costruttivo, morfologico o funzionale.

Va ricordato che il diritto di sopraelevare ex articolo 1127 cc spetta per legge al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio o al proprietario esclusivo del lastrico solare e non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini. L'articolo 1120 cc, peraltro, si applica unicamente alle innovazioni che puntano al miglioramento, all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. E regola le questioni relative alle maggioranze necessarie per l'approvazione dei lavori, senza occuparsi affatto del diritto di sopraelevare. Le prerogative riconosciute al condomino che abita più in alto comprendono sia la realizzazione di nuovi piani sia la trasformazione di locali preesistenti con aumento delle superfici e delle volumetrie. Nel caso in cui l'ultimo piano appartenga a più proprietari, il diritto spetta a ciascuno pro quota con l'utilizzazione dello spazio aereo sovrastante.

Alla sopraelevazione si possono senz'altro porre obiezioni di ordine architettonico oppure opposizioni sulla diminuzione di aria e luce ai piani sottostanti: le controversie, tuttavia, spettano al giudice civile perché si tratta di questioni fra privati, mentre il titolo edilizio può essere ottenuto fatti salvi i diritti di terzi. Nel nostro caso, invece, l'intervento si risolve nel rifacimento della copertura che segue l'originaria traccia costruttiva senza rischi per la staticità dell'immobile, modifiche alla sagoma del fabbricato né alterazione di copertura del tetto.

I precedenti. Via libera alla sopraelevazione dell'edificio perché non bisogna rispettare la distanza di almeno dieci metri dalla parete con finestra del vicino: va annullato l'ordine di demolizione emesso dal comune. E ciò in quanto, spiega la sentenza 762/20, pubblicata dalla terza sezione del Tar Toscana, i due fabbricati sono posti ad angolo retto fra loro, mentre il minimo prescritto dall'articolo 9 del decreto ministeriale 1444/68 si applica soltanto se le pareti si fronteggiano almeno in parte.

Illegittimo il provvedimento adottato dal responsabile del settore edilizio nell'ente sul rilievo che nel progetto per l'ampliamento dei volumi il proprietario dell'immobile avrebbe nascosto la preesistenza della parete «incriminata» del vicino. In realtà dalla documentazione depositata agli atti emerge che la facciata dell'abitazione interessata dalla sopraelevazione e quella confinante sono poste fra loro in posizione ortogonale, mentre la distanza minima va garantita quando le pareti sono «antistanti», anche se non necessariamente parallele: i dieci metri, insomma, devono essere rispettati soltanto se l'avanzamento dell'una o dell'altra porta al loro incontro, sia pure per un segmento limitato. Se dunque l'osservanza risulta necessaria anche se gli edifici hanno un andamento obliquo, non può valere altrettanto per i fabbricati ad angolo retto: è escluso, infatti, che la minima sporgenza sul muro dell'edificio da sopraelevare possa formare un'intercapedine che impone il rispetto della fascia di sicurezza per motivi igienici. Sempre più in alto, insomma. Il proprietario dell'ultimo piano ha diritto a sopraelevare e non può essere il comune a impedirglielo. L'ente locale, ricorda la sentenza 45/2017, pubblicata dalla sezione unica del tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, non può pretendere la liberatoria da parte dei condomini che non è prevista dall'articolo 1127 cc: va dunque annullato il provvedimento che sospende i lavori citando a sproposito l'articolo 1120 cc, inerente le innovazioni sulle parti comuni dell'edificio. Il titolare dei locali all'ultimo piano ben può trasformarli aumentando superfici e volumetrie. A patto, però, che i lavori non mettano a rischio la statica del fabbricato, ciò che non risulta in discussione nel caso di specie. Gli altri condomini possono opporsi soltanto per ragioni di ordine architettonico o se il manufatto riduce di molto l'aria e la luce ai piani sottostanti, ma anche qui devono rivolgersi al giudice civile. Nella specie la variante alla concessione edilizia è negata sulla base di una norma che invece riguarda le innovazioni per il miglioramento, l'incremento del rendimento o l'uso più comodo delle cose comune dell'edificio.

Attenzione, però: anche l'occhio vuole la sua parte. Il condomino dell'ultimo piano ben può sopraelevare sul lastrico di titolarità esclusiva ma il manufatto deve armonizzarsi con le linee architettoniche del fabbricato, altrimenti l'opera è illegittima: il diritto ex articolo 1127 cc garantito al proprietario esclusivo, chiarisce l'ordinanza 10848/19, pubblicata dalla seconda sezione civile della Cassazione, non incontra l'unico limite del rispetto dei diritti degli altri condomini laddove anche l'aspetto del fabbricato costituisce un valore tutelato dalla legge.

Accolto il ricorso dei vicini: non contano solo il rispetto delle prese d'aria e di luce o la tutela del prestigio dell'immobile fra i diritti da riconoscere agli altri condomini. Sbaglia la Corte d'appello a ritenere legittima la sopraelevazione del proprietario esclusivo sul mero rilievo che l'opera non nuoce alle condizioni statiche dell'edificio e osservando che «l'incidenza sull'aspetto architettonico dello stabile costituirebbe un riflesso assolutamente fisiologico dell'utilizzo di beni propri all'interno del condominio», laddove diversamente si svuoterebbe di contenuto la facoltà di sopraelevare. La pronuncia si pone in contrasto con il chiaro disposto dell'articolo 1127 comma secondo e terzo cc, secondo cui la sopraelevazione non è ammessa anche quando risulta lesiva dell'aspetto architettonico dello stabile. E dunque il giudice del merito non può dare il placet alla costruzione senza valutare se le sue caratteristiche stilistiche si sposano con quelle dell'edificio o se ne discostano in modo netto sulla base della sola percezione visiva.

Impossibile, infine, non tenere conto delle previsioni del regolamento di natura contrattuale, che possono essere più restrittive della legge. È irrilevante, poi, che la opera sia stata realizzata sul lastrico esclusivo perché anche in tal caso operano i limiti imposti dall'articolo 1127, ultimo comma, c.c.

Stop al permesso di costruire, infine, perché nella città costiera non si può sopraelevare l'edificio allineandosi all'altezza dei fabbricati preesistenti: così si toglie la veduta sul mare ai palazzi vicini - puntualizza la sentenza 154/18, pubblicata dalla terza sezione del Tar Toscana, mentre il piano strutturale del comune prevede uno sviluppo urbanistico compatibile con le bellezze del litorale. Inutile dedurre la legittimità del titolo rifacendosi alla tutela dello skyline, che invece si protegge conservando lo scenario frastagliato di edifici che si staglia all'orizzonte.

Accolto il ricorso del confinante che riesce a bloccare i lavori. Lo skyline è in sintesi il profilo che la sequenza di edifici disegna sullo sfondo del cielo. E la tutela non si appresta consentendo di edificare fino alla linea ideale costituita dai fabbricati esistenti perché in tal modo si creano soltanto «barriere murarie», mentre il tratto caratteristico del paesaggio è costituito proprio da edifici di altezza ineguale.

Da Italia Oggi

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