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AZIONE NEGATORIA SERVITUTIS

Articolo molto interessante ed ottimamente scritto dalla Dott.ssa LUANA TAGLIOLINI.

 Forse di complessa interpretazione per i non addetti ai lavori

Tonino Veronesi 

Presidente Assoproprietari 
 

L'azione negatoria non mira necessariamente all'accertamento dell'esistenza della titolarità̀ della proprietà ma all'ottenimento della cessazione dell'attività lesiva da parte del terzo.

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 1905/2023 ha affrontato il tema dell'azione negatoria sertitutis con la quale l'attore agisce per ottenere l'accertamento della inesistenza del diritto di servitù di terzi su di un bene del quale asserisce di essere l'esclusivo proprietario.

 

Per la Corte la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia in quanto l'azione non mira necessariamente all'accertamento dell'esistenza della titolarità della proprietà ma all'ottenimento della cessazione dell'attività lesiva, spettando, per contro, al convenuto l'onere di provare l'esistenza del diritto a lui spettante, in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale, di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore.

Azione negatoria servitutis ed usucapione. La vicenda

Un tizio ha proposto, innanzi al tribunale, domanda di negatoria servitutis chiedendo l'accertamento dell'inesistenza del diritto di servitù di passo carrabile in capo ai convenuti sulla porzione di corte della quale l'attore dichiarava di essere l'esclusivo proprietario.

 

I convenuti - che sostenevano che l'area fosse condominiale - eccepivano l'invalidità del titolo di acquisto prodotto dall'attore costituito dalla scrittura privata autenticata con la quale, i suoi danti causa avevano ceduto allo stesso la suindicata corte, oltre ad altri immobili, nella quale, però, i venditori non avevano indicato il loro titolo di provenienza, affermando di essere divenuti proprietari della corte in questione per averne comunque avuto, "loro e prima di loro i giusti loro danti causa", "anche e fra l'altro il possesso pubblico pacifico, continuo e ininterrotto per oltre 20 anni".

Il tribunale ha ritenuto che tale titolo non fosse idoneo a trasferire la proprietà della corte in questione perché il diritto vantato dai danti causa dell'attore, acquistato per usucapione, non era ancora stato giudizialmente accertato.

L'attore proponeva appello lamentando che la vendita di un immobile non era affetta da nullità per il fatto che il diritto vantato non era stato giudizialmente accertato con riferimento all'acquisto per usucapione della corte in questione da parte dei suoi danti causa.

La corte d'appello, però, rigettava l'appello sostenendo in sintesi che il titolo esibito dall'appellante non era idoneo, come affermato dal tribunale, a dimostrare il diritto di proprietà dell'attore sul fondo in questione in quanto l'acquisto della proprietà di un immobile per effetto di usucapione, per essere fatto valere e formare oggetto di un contratto di vendita, dev'essere dapprima accertato e dichiarato nei modi di legge come ad es. con la trascrizione della sentenza declaratoria dell'acquisto a titolo originario del bene in contesa.

L'inidoneità del titolo dei suoi danti causa implicava, di conseguenza, anche quella dell'attore, specie quando, come nel caso in esame, la proprietà era stata contestata, dagli appellati, in ragione dell'affermata natura condominiale del bene sin dalla data di costruzione dell'edificio.

La circostanza che il bene fosse catastalmente intestato all'appellante aveva valenza esclusivamente indiziaria.

L'appellante ricorreva in Cassazione.

 

L'obiettivo dell'azione negatoria servitutis

L'azione negatoria non mira necessariamente all'accertamento dell'esistenza della titolarità della proprietà ma all'accertamento dell'inesistenza dell'altrui diritto di servitù su un fondo, dovendo, per contro, il convenuto provare l'esistenza del diritto a lui spettante, in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale, di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore.

In tale azione, pertanto, la titolarità del bene (che, pertanto, il giudice, specie se contestata, come nella specie, deve sempre accertare, sia pur in via incidentale, anche se la relativa domanda non è stata espressamente proposta) si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia sicché la parte che agisce in giudizio non ha l'onere di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà, essendo sufficiente fornire la prova del titolo di acquisto del fondo servente con ogni mezzo, comprese le presunzioni.

 

 Rivendica e beni condominiali

Pertanto, anche il contratto di compravendita con cui viene trasferito il diritto di proprietà di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente al compimento dell'usucapione è titolo valido cioè non viziato dalla nullità ancorché l'acquisto della proprietà da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario.

L'acquisto per usucapione, infatti, avviene ipso iure per il semplice fatto del possesso protratto per venti anni e la sentenza con cui viene pronunciato l'acquisto per usucapione del diritto di servitù ha natura meramente dichiarativa e non costitutiva del diritto stesso (Cass. n. 2485 del 2007; Cass. n. 7853 del 2018; Cass. n. 4106 del 2019, Cass. n. 8626 del 2022)

 

La posizione della Corte di Cassazione

Uno dei motivi del ricorso riguardava la parte della sentenza in cui la Corte d'Appello aveva ritenuto che la scrittura privata prodotta in giudizio dall'attore non era idonea a dimostrarne la proprietà sull'area in questione in ragione del solo rilievo che l'acquisto della proprietà di un immobile per effetto di usucapione può formare oggetto di un contratto di compravendita solo a condizione che sia stato preliminarmente accertato e dichiarato nei modi di legge.

Per la Cassazione la corte di merito si era posta in contrasto con l'indicato principio affermando che la scrittura privata autenticata prodotta in giudizio era certamente idonea a dimostrare la proprietà del fondo in capo all'attore e che a tal fine non era affatto necessaria, a fronte della sua natura meramente dichiarativa, la sentenza di accertamento dell'acquisto per usucapione del predetto bene da parte dei danti causa dell'attore.

Il contratto di compravendita nel quale il venditore dichiarava di essere proprietario per usucapione non era nullo anche se tale diritto non era stato ancora giudizialmente accertato ma dimostrabile per via di presunzione, considerato che oggetto della controversia non era l'accertamento della proprietà di tale area ma l'accertamento e la conseguente cessazione dell'esercizio della servitù del passaggio carraio con onere a carico del titolare della servitù di provarne, invece, il diritto.

 

 

Dott.ssa LUANA TAGLIOLINI

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