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QUANDO SI PUÒ RECEDERE LEGITTIMAMENTE DA UN CONTRATTO DI LOCAZIONE?

La volontà di recedere anticipatamente da un contratto di locazione rappresenta uno dei motivi di principale frizione tra locatore e conduttore.
L’ipotesi in cui una delle parti manifesta la volontà di porre fine anticipatamente al vincolo contrattuale è tutt’altro che rara, vuoi per cause impreviste e sopravvenute vuoi per semplici ripensamenti.
Nessun problema si pone, ovviamente, quando la richiesta del recesso incontri il consenso dell’altro contraente. In questi casi il vincolo tra le parti si risolve per mutuo consenso (rectius mutuo dissenso).
Il problema sorge quando alla manifestazione di volontà di recesso di una parte non segua il consenso dell’altra.
Quando quindi la parte deve subire gli effetti della decisione altrui?
I casi di recesso anticipato dal contratto di affitto sono disciplinati dal contratto (eccezion fatta per le clausole disciplinanti ipotesi contrarie a norme imperative) o dalla legge.
Come norma generale, il contratto di locazione può essere oggetto di disdetta alla sua scadenza naturale, con il rispetto delle previsioni e dei preavvisi di legge.
Vi è anche il caso che il contratto sia oggetto di recesso anticipato, chiaramente ove siano rispettate le condizioni previste dalla legge.
Le ipotesi sono svariate e sono diverse tra inquilino e locatore.
Entrambe le parti possono recedere dal contratto con un preavviso minimo di sei mesi prima della scadenza naturale del contratto.
Nel caso in cui il contratto sia in prossimità del primo rinnovo soggetto a proroga (ad esempio un contratto con durata 4+4 alla sua prima scadenza), la disdetta del locatore è soggetta a limiti ben precisi stabiliti dalla legge tra i quali indichiamo la volontà di destinare l’immobile ad uso proprio o ad attività commerciale. Vi è tra questi anche il caso in cui il locatore abbia la necessità di interventi di rico­stru­zione, demolizione etc.
Per le scadenze successive al proprietario è sufficiente comunicare la propria volontà con un preavviso minimo di sei mesi senza alcuna particolare motivazione.
Fuori dalla scadenza naturale del contratto vi è la possibilità per il conduttore di recedere per gravi motivi con un preavviso minimo di sei mesi, comunicando la decisione al locatore mediante lettera raccomandata motivata.
Riguardo ai gravi motivi, la giurisprudenza ritiene da tempo che gli stessi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dalla parte in ordine all'opportunità o meno di continuare il rapporto locatizio, ma devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti successivamente alla sua costituzione.
Detti gravi motivi devono essere tali da rendere veramente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo (Cassazione civile, sez. III, 08 marzo 2007, n. 5328) .
Tra i motivi gravi si possono indicare in via non esaustiva quelli dovuti alla rumorosità dell’appartamento superiore alla «normale tollerabilità», a vistosi fenomeni di umidità e di condensa, tali da compromettere gravemente la salubrità di tali ambienti, una grave malattia sopravvenuta del conduttore etc., l’improvviso allargamento della famiglia, tale da non rendere più idoneo l’immobile.
Una volta esercitato e motivato, il recesso opera di diritto, anche senza che l’accettazione dell’altra parte abbia rilevanza alcuna. Il conduttore avrà solo l’obbligo di riconsegnare l’immobile entro il termine di preavviso e di rispettare gli obblighi contrattuali fino al suo spirare.
In caso di disaccordo riguardo alla sussistenza o meno dei motivi di recesso, le parti sono soggette all’obbligo di esperire la conciliazione ex art. 5, comma 1-bis del D.Lgs. 28 del 2010.
L’eventuale azione giudiziale senza l’esperimento della mediazione comporterebbe problemi di improcedibilità.

Avv. Pasquale Potenza
Consulente Assoproprietari

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